Tra i tanti paradossi che compaiono in matematica, quello di Achille e della tartaruga è forse uno dei più noti ed affascinanti; è stato introdotto dal filososofo greco Zenone ed è il secondo di quattro paradossi che tendevano a confutare il movimento. Il paradosso si può formulare più o meno in questi termini:
Un giorno Achille piè veloce sfidò una tartaruga in una gara di corsa, concedendole una certa distanza come vantaggio iniziale. Nel tempo che Achille impiega per raggiungere la posizione iniziale della tartaruga, questa avrà compiuto un piccolo tratto in avanti; quindi Achille raggiunge la nuova posizione della tartaruga, ma questa, nel frattempo, si sarà ancora spostata in avanti di un tratto ancora più piccolo. Se ne conclude che Achille non potrà mai raggiungere la tartaruga, che si allontana da lui di tratti sempre più piccoli, se non dopo un tempo (o un numero di passi) infinito.

1/2+1/4+1/8+1/16+1/32+...
La somma di questa serie, costruita sommando infiniti termini di cui ognuno è la metà del precedente, converge al valore 1. Lo si capisce meglio dal punto di vista geometrico: si prende un segmento e lo si divide per due, poi si prende una delle due metà e la si divide ancora per due, poi si prende un quarto e lo si divide ancora per due... la somma di questi segmenti, per costruzione, è proprio il segmento di lunghezza 1.
Quindi, il paradosso di Zenone trova una soluzione molto semplice nel fatto che, se la velocità di Achille è maggiore di quella della tartaruga, la serie che se ne ricava è convergente e non divergente, e quindi il tempo che Achille impiega per raggiungere l'animale è finito e non infinito.
A parziale discolpa dei greci c'è da dire però che gli strumenti matematici dell'epoca non consentivano considerazioni di questo tipo; tale inaspettato comportamento delle serie numeriche fu infatti formalizzato solo nell'800, grazie all'introduzione del concetto matematico di limite da parte di Weierstrass.
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