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martedì 3 agosto 2010

Energia solare: scoperto un nuovo processo di conversione

Alcuni ingegneri della Stanford University hanno scoperto come sfruttare contemporaneamente la luce ed il calore del sole per generare corrente elettrica, in un modo due volte più efficiente di quelli attuali e con costi paragonabili a quelli delle fonti energetiche basate sul petrolio. A differenza delle attuali tecnologie fotovoltaiche usate nei pannelli solari, che divengono via via meno efficienti al crescere della temperatura, il nuovo processo risulta invece essere favorito. Il processo, chiamato PETE (Photon Enhanced Thermoionic Emission), è qualcosa di fondamentalmente diverso ed innovativo proprio nel modo di produrre energia, ed i materiali necessari alla costruzione dei dispositivi, data la loro economicità e disponibilità, ne faranno una tecnologia facilmente accessibile. 
La maggior parte delle celle solari, come quelle comunemente montate sui tetti delle abitazioni, usa un materiale semiconduttore (silicio) per convertire l'energia luminosa in elettricità. Le celle però utilizzano solo una parte dello spettro luminoso; il resto genera soltanto calore. Questo calore derivante dalla parte di luce solare non utilizzata e le inefficienze nelle celle stesse possono portare a perdite di più del 50% dell'energia luminosa, rispetto a quella in entrata nella cella; se questo spreco di calore potesse essere utilizzato, le celle solari aumenterebbero la loro efficienza. Il problema sta nel fatto che sono necessarie temperature relativamente alte per poter convertire questo calore, mentre l'efficienza delle celle solari decresce rapidamente alle alte temperature. 


Il gruppo di ricerca della Stanford University ha invece scoperto che, rivestendo un pezzo di materiale semiconduttore con del cesio, lo si rende capace di utilizzare sia la luce che il calore.
"Quello che abbiamo dimostrato è un nuovo processo fisico che non è basato sul classico effetto fotovoltaico, ma può dare gli stessi risultati alle alte temperature" - dice Nick Melosh. "In effetti funziona meglio alle alte temperature".
Dal momento che il processo PETE risulta essere efficace a temperature ben al di sopra di quelle che si raggiungono in un pannello montato su un tetto, l'utilizzo del dispositivo è ottimale nei concentratori solari, come gli specchi parabolici, nei quali si possono superare gli 800°. Questi specchi sono usati nei grandi impianti simili a quelli proposti nel deserto del Mojave, nella California Meridionale e di solito includono un meccanismo di conversione termica come parte integrante del progetto.
Gli impianti fotovoltaici non lavorano mai a temperature tali per cui sia conveniente utilizzare il calore di scarto, ma le alte temperature alle quali lavora PETE sono perfette per generare energia termica utlizzabile. Melosh ha calcolato che il processo PETE può arrivare al 50% di efficienza con la concentrazione della luce solare, ma, se combinato con un ciclo di conversione termica, potrebbe portare l'efficienza fino al 60%, quasi il triplo degli attuali sistemi. 
Un altro vantaggio del sistema PETE è che, usato nei concentratori solari, richiede una quantità minore di materiale semiconduttore.
"Per ogni dispositivo, riteniamo che sia sufficiente un wafer di 6 pollici" afferma Melosh. "In questo modo, il costo materiale non rappresenterebbe più un grosso problema, come invece accade per i grossi pannelli solari in silicio".


fonte: Stanford University

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